Romanzo di protofantascienza del 1863.
Dall’incipit del libro:
PROEMIO
Il primo giorno dell’anno di progresso 1861 fui assoggettato violentemente alla spoliazione completa del frutto de’ miei onesti sudori, che passò nelle mani d’un ebreo. Tuttoché di verno, volli allora sfuggire i rumori del paese, e mi ricovrai fra i disastrosi viottoli del villaggio Antignano nei ruderi di un antico palagio, quasi cadente per rovina, ma delizioso e solitario perla sua positura: eravi annesso un tenimento di terreni, anche antichi e romantici, precisamente quelli che lambiscono simultaneamente le falde delle due amene colline del Vomero e Camaldoli, e che formando la bizzarra vallata che le spartisce, pone sbocco ai Bagnoli. Questi terreni erano scaglionati a scoscese. Giù nel fondo un folto castagneto sembravami un luogo molto atto alla caccia.
Io mi trovava sbalzato da una vita attivissima, nell’inerzia più sconfortante; pensai dunque destinare il mio tempo a qualche occupazione che mi tenesse in un certo esercizio di moto, e, prendendo un fucile, cominciai le prime escursioni in traccia d’augelli.
Un giorno però che il tempo era piuttosto nebbioso, cominciò d’improvviso a stemperarsi sul mio capo una fitta pioggia, accompagnata da grossa gragnuola, ed intermezzata da lampi, e da folgori: il quadro era sublime, ma dopo averlo per alcuni minuti ammirato, m’avvisai che le mie vesti eran già molli d’acqua, e, mi si scusi se son militare, cominciai a desiderare di trovarmi al coperto. Per raggiugnere la mia casina mi bisognavano almeno 20 minuti, né il tempo dava speranze di serenarsi; spinsi dunque lo sguardo da per ogni dove in traccia…
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