“Giovanni Episcopo” di Gabriele D’Annunzio

Romanzo del 1892.

"Giovanni Episcopo" di Gabriele D'Annunzio.
“Giovanni Episcopo” di Gabriele D’Annunzio.

Dall’incipit del libro:

Giovanni Episcopo

Ego autem sum vermis, et non homo;
opprobrium hominum, et abjecto plebis.
Omnes videntes me, derisunt me…
PSALM, XXI, 7,8.

Judica me secundum justitiam tuam.
PSALM, XXXIV, 24.

Dunque, voi volete sapere… Che cosa volete sapere, signore? Che cosa vi debbo dire? Che cosa? – Ah, tutto! – Bisognerà dunque che io vi racconti tutto, fin dal principio.

Tutto, fin dal principio! Come farò? Io non so più nulla; non mi ricordo più di nulla, veramente. Come farò, signore? Come farò?

Oh Dio! Ecco… – Aspettate, vi prego, aspettate. Abbiate pazienza. Abbiate un poco di pazienza; perché io non so parlare. Se pure mi ricorderò di qualche cosa, non ve la saprò raccontare. Quando ero tra gli uomini, ero taciturno. Ero taciturno, anche dopo che avevo bevuto: sempre.

No, non sempre. Con lui, parlavo; soltanto con lui. Certe sere d’estate, fuori di porta, o nelle piazze, nei giardini publici… Metteva il suo braccio sotto il mio, quel povero braccio scarno, così esile che quasi non lo sentivo. E andavamo insieme, ragionando.

Undici anni – pensate, signore – aveva soli undici anni; e ragionava come un uomo, era triste come un uomo. Pareva che sapesse già tutta la vita, che soffrisse tutte le sofferenze. La sua bocca conosceva già le parole amare, quelle che fanno tanto male e che non si dimenticano!

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