Poemetto scritto nel 1761.
Il principio del poemetto::
CAPITOLO I.
Musa non ingrugnar; taci un momento:
Oh! questa volta nò non me l’accocchi,
Se non la sputo già crepar mi sento.
In argomenti, o perigliosi, o sciocchi
Io non ti azzardo: e poi, Signora mia,
Ognun può far de la sua pasta gnocchi.
Dielsà se tenga a onor tua compagnia;
Ma se mi fai dell’Aristarco addosso,
Oh! bacia il Chiavistel, vattene via.
Io mi son un, che mai non bevo grosso,
La dico qual la sento, o adesso, o poi,
E so senza di quel, che aver non posso.
Credi che un Vate i movimenti suoi,
L’Estro, l’ardir dal tuo favore attenda?
Pianta queste carote ai Greci tuoi.
Pria che sua spoglia ad informar discenda
Alma quaggiù, fra le rotanti sfere,
Forz’è, che d’armonia tutta s’accenda;
E se talor noi la vediam giacere,
O schiva, o indifferente al suono, al canto,
L’organo è in colpa, a cui dee soggiacere.
In vita mia non m’hai fatto altrettanto;
Basta; intendevi: il favellare or torco
Al grande Eroe, ch’or su mie rime ha il vanto.
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