Raccolta di diciassette racconti, pubblicata nel 1911.
I titoli:
- Gli ultimi romani
- La fine del Belli
- L’incisore cieco
- Trionfa la teppa
- Gennaraccio
- «Villa Poverommini»
- Eroina senza gloria
- Una buon’azione!…
- L’antiquario
- L’offerta
- Le «gioje» di Clelia
- Il «burattinaro»
- L’ingegnere
- Grido di giovinezza
- Ciancicone
- Ammazza… Ammazza
- La morte della suocera
Dall’incipit del libro:
GLI ULTIMI ROMANI
È con un senso di mestizia profonda ch’io ho intitolato queste novelle d’ambiente, di carattere e di psicologia eminentemente «locale»:
«Gli ultimi romani!»
I pronipoti di quell’urbe tipica, indolente ed eroica, epicurea e beffarda, l’urbe di Pinelli, di Belli e di Giraud, si dileguano, s’assottigliano, dispaiono… La scialba città contemporanea, devastata dal piccone, inghirlandata da mille barocche costruzioni che sorridono sfrontatamente le loro antenne smerlettate al bel cielo di smeraldo, la Roma contemporanea, ha cacciato i rari e stanchi superstiti nel cuore del vecchio Trastevere, in pochi altri dedali di viuzze, all’ombra cupa dei borghi vaticani: profondi di lontane mestizie, ardenti ancora di sogni, vividi nei fantasmi di Sanzio, di Bramante, di Bernini… Là ancora si parla il dialetto grasso e sonoro, là ancora gli ultimi romani bevono il vino rubicondo con i riti antichi… Ma il tempo incenerisce ogni cosa e il piccone crepita nelle rovine!
A. J.
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