“Le stragi della China” di Emilio Salgari

Romanzo del 1901.

"Le stragi della China" di Emilio Salgari.
“Le stragi della China” di Emilio Salgari.

Dall’incipit del libro:

LE ROVINE DI KHANG-HI

La sera del 14 giugno del 1900, due uomini erano usciti dalla porta d’occidente dell’immensa città di Pechino, prendendo la via che conduce verso il meraviglioso Canale Imperiale, il quale mette in comunicazione la capitale cinese col fiume giallo, ossia lo Hoang-ho.

Il sole non era ancora tramontato, perciò quei due misteriosi personaggi avevano potuto attraversare il ponte di pietra dei bastioni senza che le sentinelle avessero opposto ostacoli. Diversamente sarebbero stati costretti ad attendere l’indomani, non permettendosi, ai sudditi del Celeste Impero, di lasciare la capitale dopo la scomparsa dell’astro diurno.

I nostri due personaggi cavalcavano due bellissimi destrieri, di statura piccola, dai garretti solidi e dall’incollatura robusta; e, dalle vesti che indossavano, si capiva che dovevano essere due persone distinte.

Il primo poteva avere quarant’anni e rappresentava il vero tipo mongolo: pelle giallastra, faccia larga e schiacciata, naso piccolo e depresso, labbra sottili, ombreggiate da un paio di baffi pendenti, occhi dal taglio obliquo e cranio rasato fornito sulla nuca d’una coda, lunga un buon metro.

L’altro, più giovane d’una diecina d’anni, aveva la pelle quasi biancastra, i tratti del viso più angolosi, i baffi più abbondanti e più rigidi e la corporatura più robusta, il vero tipo del manciù, la razza nordica che da una infinita sequela di secoli si è imposta tenacemente a quella cinese.

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