“L’ombra del passato” di Grazia Deledda

Romanzo del 1907.

Dall’incipit del libro:

I.

Il cordaio fu il primo ad attaccare le sue più belle corde, dal portone al palo che indicava il limite fra la sua aja e quella di Giovanni La Pioppa.

Era la mattina del Corpusdomini. La processione, per eseguire la giravolta, doveva entrare nell’aja del cordaio, attraversare quella di Giovanni, uscire per il portone del zolfanellajo, la cui umile casetta era l’ultima del paese.

Le tre famiglie si tenevano molto onorate di questa preferenza, e ogni anno formavano, con lenzuola attaccate a due fila di corde, una specie di viottolo semicircolare che cominciava dal portone di Sison il cordaio e finiva nel portone del zolfanellajo. Un palo di qua, uno di là, segnavano appena il limite delle tre aje unite: quella di Giovanni De Marchi, detto La Pioppa, era la più grande. Egli era un uomo ricco: anche la sua casa grigia, con le persiane verdi al primo piano, superba fra le due casette di Sison e del zolfanellajo, sembrava la padrona fra due serve.

Il cordaio, che tira di qua, annoda di là, aveva già tracciato la viottola attraverso la sua aja, guardava la porta di Giovanni e imprecava:

Corpu d’un Diu, nessuno si vede! Per una volta all’anno che passa il Signore!

Ma ecco apparire il zolfanellajo con una cordicella intorno al braccio.

– Ohè! – gridò il cordaio.

– Ohè! – rispose il zolfanellajo.

– Che si fa, palandroni? Che si aspetta? Corpo d’un Dio, ma che si fa?

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