“Messina” di Giuseppe Zuppone Strani

Racconto pubblicato nel 1921.

"Messina" Giuseppe Zuppone Strani.
“Messina” di Giuseppe Zuppone Strani.

Dall’incipit del libro:

MESSINA

Alla cara memoria di Nicolò Fulci.

Dal bordo della Divina, 1° Gennaio.
Dunque non è stato un cattivo sogno? La mia vita non è una follia tormentata da orribili incubi? Questa, sulla quale mi trovo, è pure una nave, una nave russa, il cui equipaggio ha salvata molta gente e lenite molte sventure. Ha nome Dwina, ed è certamente questo nome che s’affaccia, in lettere grandi, in lettere piccole, dipinto, inciso, smaltato, ricamato, sulla poppa, sulle imbarcazioni, sui salvagente, sulle argenterie, sulle porcellane, sulle tappezzerie. Dai bei tempi del liceo io sapeva che i Russi usano l’alfabeto greco; ma le iscrizioni di questa bella nave mi ricordano che il loro è l’alfabeto greco di San Cirillo, che dev’essere diverso da quello di Omero e di Luciano.

Ecco: noi usciamo dal Faro! Messina, in fondo, pare sempre la stessa; i miraggi della lontananza saldano le sue ferite. La Palazzata ha dunque riannodata la bianca catena de’ suoi meravigliosi edifici? Rocca Guelfonia vigila sempre il Bosforo d’Italia? Ahimè! L’illusione del cuore e degli occhi trova d’intorno una vasta smentita; Ganzirri è rasa al suolo; Scilla è a metà distrutta; e qui, sul suo ponte, la Divina trasporta un centinaio di superstiti, di cui molti feriti o malconci. Io esco da un’immensa rovina che ha inghiottito tutta la mia vita! Perchè dunque non prese anche me? perchè risparmiarmi? Io starei adesso con Papà, con Mamma, con Giulio, con Elvira, con Gisella; starei nella nostra casa, morta anch’io nella morte della nostra casa, accanto a tutti i miei morti; ed avrei con loro, tomba comune, le macerie della nostra casa, fra le innumerevoli tombe in cui una mostruosa convulsione della Terra ha trasformata la nostra Messina.

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