“Mime e ballerine” di Giulio Piccini

Romanzo del 1910.

"Mime e ballerine" di Giulio Piccini.
“Mime e ballerine” di Giulio Piccini.

Dall’incipit del libro:

CAPITOLO I.

Si facevano le prove del ballo Didone abbandonata.

Da circa un mese duravano quelle prove, incominciate su la fine del marzo.

Il ballo doveva andare in scena il 25 o il 28 di aprile.

La stagione era caldissima: la sera si aprivano tutte le finestre, le porte, ma l’afa non lasciava respirare: le ballerine, le mime si sentivano stanche, mormoravano contro il coreografo, che le affaticava di troppo con la lunghezza delle prove: una prova la mattina e una la sera.

I ballerini, i mimi pigliavano ogni pretesto per far rumore ed ammutinarsi.

Il coreografo si sgolava; da varii giorni non avea più voce, era scoraggiato, abbattuto. Un giovane riproduttore, che lo aveva seguito in America e a Parigi per aiutarlo a mettere in scena i suoi balli, gridava anche egli a tutto potere, e, in più fresca età, più robusto, con la voce sonora empiva gli echi del Teatro.

C’era un’altra persona, che dirigeva le masse, ed agitava le proprie: la moglie del coreografo: piccola, adiposa, larga quasi più che non fosse alta, con un fazzoletto legato intorno alla testa a guisa di turbante: teneva in mano un grosso bastone come il coreografo e il riproduttore, e, ad ogni tratto, dava anch’essa colpi smisurati su l’intavolato del palcoscenico.

Ogni tanto si sentiva la sua voce chioccia:…

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