Romanzo pubblicato nel 1905.
Dall’incipit del libro:
I.
Nella piccola sala cominciava a far buio.
I luccichii dei vetri di alcuni quadri e di alcune bottiglie, allineate sulle assicelle di un vecchio mobile, si erano spenti a poco a poco, come per un lieve, soffio, che sopra vi fosse passato.
Negli angoli alcune seggiole sparivano.
Marina Carpineto si avvicinò col suo passo leggero alla finestra, e guardò il cielo. Era percorso da nuvole lacerate e fiammanti, che fuggivano in rotta, incalzate dall’impeto del libeccio.
Traverso i vetri della finestra, che guardava ad oriente, i riflessi del tramonto non potevano passare.
Fuori il vento sibilava; e la casina dei Carpineto ad ogni raffica più arrabbiata era scossa da vibrazioni profonde.
Marina Carpineto volse le spalle alla finestra, e guardò verso una delle seggiole già quasi sparite.
Una pendola, che non si vedeva, suonò le sei con un lamentoso stridore di ingranaggi; e una figura, che occupava la seggiola guardata da Marina, fece un piccolo movimento.
Egli era avvolto dai veli dell’ombra crescente; e sentiva spegnersi il giorno nell’aria che veniva facendosi più fredda d’intorno al suo capo.
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