“Sino al confine” di Grazia Deledda

Romanzo del 1909.

"Sino al confine" di Grazia Deledda.
“Sino al confine” di Grazia Deledda.

Dall’incipit del libro:

I

Nel luglio del 1890 Gavina Sulis finì i suoi studi.

Suo padre, ex-impresario di strade comunali, uomo abbastanza intelligente, le aveva fatto ripetere la quarta classe elementare, perché nella piccola città non v’erano altre scuole femminili.

Il giorno degli esami ella se ne tornava a casa pensando che ormai erano finiti per lei i giorni di libertà e d’ozio. Aveva quasi quattordici anni; si credeva già una donna matura, e ricordava le parole del suo confessore:

«Il Signore ha detto che la donna deve custodire la casa, fuggire l’ozio e le cattive compagnie».

Riguardo alle “compagnie” ella sfuggiva non solo le cattive, ma anche le buone; e imitava appunto il suo confessore che andava sempre solo, a occhi bassi, rasente ai muri. Arrivata in fondo alla strada, ella si volse un momento e guardò l’antico monastero dov’erano le scuole, e la valle melanconica, coperta di olivastri e di peri selvatici, e sospirò.

Addio! Forse passeran degli anni prima ch’ella riveda la valle selvaggia, la strada solitaria, la facciata nera e grigia della scuola. La sua casa sorgeva all’altra estremità del paese, quasi sotto la montagna, sull’orlo di un’altra valle, coltivata in parte, questa, verde e grigia di vigne e d’oliveti. Per arrivare a casa, Gavina dunque doveva attraversare tutta la piccola città, il Corso e le viuzze dietro il Corso.

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