Racconto in rima degli inizi del 1500. Qui in una versione del 1866.
Dall’incipit del libro:
Al Benigno Lettore
Dal detto al fatto, dice un vecchio assioma, ci ha un gran tratto. Mentre oggi si grida per ogni parte d’Italia: Abbasso le superstizioni; noi le vediamo quotidianamente risorgere, germogliare e nutricarsi per modo da disgradarne il famoso Medio Evo! Lascio ciò che non mi spetta, e solamente di volo toccherò quel che riguarda la presente pubblicazione. È questa una storiella popolare, dettata in 8. rima da Bernardo Giambullari, padre del famoso storico Pier Francesco, che fioriva sul declinar del XV secolo. Fu trascritta diligentemente per cura di un valente letterato da una stampa rarissima, senza veruna nota tipografica, che sta nella Vaticana, donde venne esemplata la nostra edizione. La scrittura s’avvolge di un diavolo, che, entrato addosso al ciuco di un monastero di monaci, dopo varii accidenti, riuscì a divenirne abate, e mettere fra loro una solenne bizzarria. Confesso il vero, la cosa di per sé stessa è puerile abbastanza, ma offre di graziose ottave assai, non si diparte del buon volgare e rappresenta al vivo le superstizioni de’ nostri avoli, le quali se tuttavia vorremo comparare alle presenti, nullostante le nostre boriose millanterie (diciamolo francamente), a grande pezza non vi scapiteranno: sotto questo aspetto dunque io mi confido ch’ella non verrà disprezzata. E tanto maggior bene ne spero, in quanto che sembrami che oggidì i diavoli comunemente godano la nostra simpatia, e da noi s’abbiano mirabile accoglienza. Non computando i diavoli in ispirito che son per l’aere, e …
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