“Ariel” di Ugo Fleres

Racconto pubblicato nel 1910 sulla Nuova antologia di lettere, scienze ed arti, Serie 5 v. 146 p. 97-111 e 236-253.

"Ariel" di Ugo Fleres.
“Ariel” di Ugo Fleres.

Dall’incipit del libro:

ARIEL

PROLOGO.

Nel salone de la villa di Laurana, in mezzo a gli amici invitati dal principe al pranzo d’addio, il maestro Ippolito Scamandro, a pianoforte, leggeva con fervido stile grandioso un suo componimento sinfonico; componimento per modo di dire, poichè in sostanza egli improvvisava la connessione dei brani, usando e abusando della padronanza della tastiera, per coprire la fretta delle giunture e la precarietà delle proporzioni.

L’effetto era mirabile, almeno per quel pubblico, specie per il giovane principe, il quale, fra le tante fisime, aveva quella d’esser un profondo conoscitore di musica, fisima passeggera anche questa come le altre che gl’ingombravano il cervello e gli fiorivano il cuore.

Tali e maggiori miracoli si ottengono per mezzo della taumaturga adulazione; e gl’invitati del pranzo d’addio, che ora si giulebbavano quel magnifico alluvione di note, ne avevano speso di tempo e fatica per ingombrare quel cervello, casa vuota, e fiorire quel cuore, terreno sterile!

Or ecco, mentre Ippolito dopo un uragano di dissonanze, dopo un crescendo anelante, dopo un ultimo gruppo d’accordi sospensivi, giunge al canto, cioè torna alla già svolta e sospirata melodia, Paolo Falconi, principe di Laurana, scatta in piedi e, senza badare che così interrompeva quella musica stessa che tanto lo esaltava, grida:

– Maestro, Lei il Suo melodramma lo scriverà per me. State tutti a sentire….

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