“Dopo il nembo” di Francesco Flamini

Raccolta di poesie pubblicata nel 1906.

La prima poesia:

"Dopo il nembo" di Francesco Flamini.
“Dopo il nembo” di Francesco Flamini.

PER L’ERTA

Le rosse faci sparvero nell’ombra,
solo io rimango qui col mio dolore;
s’imbianca d’un pallore
l’aria sì come di morente: è l’alba.

Silenzio. Dorme avvolta dalla scialba
luce, nell’alto, la città turrita:
là per aspra salita
m’avviano i piedi, ma il cuore è lontano.

E come triste! Nel cinereo piano
sul grigio degli ulivi è un grigio velo,
stille lacrima il cielo,
dal pigro amplesso della notte sciolto;

la brezza acuta mi ferisce il volto,
sento l’umido brivido nell’ossa:
sento la tua percossa,
o destino che m’urgi inesorato!

E salgo salgo, contr’a me spietato,
sotto la pioggia, al vento: io del mio lutto
voglio qui l’agro frutto
voluttüosamente assaporare

e a te ridir le mie tristezze amare,
o Natura, che piangi. Or tu m’ascolta:
però ch’io so che molta
candida pïetà racchiudi in seno.

Ma non m’ode la sorda! Udite almeno
voi, brulle piante memori del verde,
in che selva si perde
lieta di voli e canti il mio pensiero,

e in che amena vallea, per un sentiero
dove rose lampeggiano, s’adima.
O dell’età mia prima
speranze alate, luminosi inganni!

Lungi risalgo il tramite degli anni,
e torno giovinetto imaginando;
e mi riveggo quando
tutta in fiore la pura anima auliva,

quando nel suo profondo ardea la viva
fiamma, quando non torbida né scura,
senz’affanno o paura,
terso lago parea, lucida fonte,

e al lampo d’oro dell’idea la fronte
dalle vegliate e lacrimate carte,
nel giocondo dell’arte
sottil travaglio, ergevo alta, superba.

Dolce passato! Dileguò: ne serba
le reliquie il mio petto in gelid’urna.
Così pur la notturna
tenebra dileguava, e spunta il giorno.

Ancora un altro, increscïoso giorno!
altre ferite del muto dolore
sulla fronte e nel cuore,
che più languido palpita e più tardo!

E ancora a sé mi chiama, ecco, il bugiardo
mondo, e mi grida: avanti! È duro, o vita
più di questa salita
alla piova ed al vento, il tuo Calvario.

Sempre avanti, fra rovi e sotto il vario
premer d’iniqui pesi, o fragili ossa!
Sempre avanti! Così, sino alla fossa.

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