Discorso detto da Pompeo Molmenti nella solenne adunanza del R. Istituto Veneto in Palazzo Ducale di Venezia (24 maggio 1896) in occasione del secondo centenario di Giovanni Battista Tiepolo.
Dall’incipit del libro:
GIOVANNI BATTISTA TIEPOLO
In quest’anno si compie il secondo centenario della nascita di Giovanni Battista Tiepolo, e nella sua città natale si ragiona di lui, si ridicono le sue glorie, si raccolgono insieme alcune fra le numerose sue opere che danno un’efficace se non compiuta idea del suo vastissimo ingegno.
Dalla Madonna della Scuola del Carmine, nella quale rade volte la pittura raggiunse una uguale lucidezza, robustezza ed espressione, alla Comunione di Santa Lucia, soavissima composizione; dal Calvario, che spira divozione e stupore, al San Patrizio del Museo di Padova che trae a sé lo sguardo per gaiezza e lucidità di colori; dalla pala che adorna il Duomo di Mirano, bellissima per nobiltà d’invenzione, alla Santa Rosa, ammirevole per correzione di disegno e per sapore d’impasto; dalla Flagellazione di Gesù, pittura di effetto, grandioso, di maniera sciolta e pastosa, alla Concezione del Museo di Vicenza, dolce armonia di colori; dal graziosissimo quadro che mostra i nobili udinesi radunati a consiglio, ai bozzetti meravigliosi, ai disegni sapienti, alle fantasiose acqueforti, – tutte insomma le opere tiepolesche, che nella Reggia di Venezia si son potute raccogliere, ben meritano l’ammirazione di chi conosce la ragione dell’arte, ugualmente di chi la ignora e non giudica che per un tacito e quasi innato senso del bello.
È giusto che i moderni vogliano con tarda ammirazione riparare all’oblio e quasi al dispregio in che era tenuto tale artefice nella prima metà del nostro secolo.
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