“Il diritto di vivere” di Roberto Bracco

Dramma in tre atti rappresentato per la prima volta a Trieste, nell’aprile del 1900, da Ermete Zacconi.

"Il diritto di vivere" di Roberto Bracco.
“Il diritto di vivere” di Roberto Bracco.

Dall’incipit del libro:

ATTO PRIMO.

Camera annessa all’officina della Cooperativa. – Un ambiente di semplicità e di lavoro. – Niente tappezzeria. – Alle pareti, qualche carta con disegni di macchine. – Sparsi qua e là, qualche tubo di ferro, qualche spranga, qualche ruota dentata. – Una scrivania. – Una cassaforte. – Seggiole di legno grezzo. – Una porta a destra, un’altra a sinistra, un’altra, sull’alto di tre o quattro gradini, nella parete di fondo, che è quasi tutta fatta di lastre di vetro. Attraverso di essa, si vede una specie di pianerottolo, il cui parapetto dà sulla sala maggiore dell’officina sottostante, alla quale si accede per una scaletta mezzo invisibile, che è a un lato del pianerottolo.

SCENA I.

MICHELE – e voci interne, tra cui quella di ANTONIO ALTIERI, di GIAGOBELLI, di LAROSSA, di SANTINI, di MANGIULLI.

MICHELE. (È solo sul pianerottolo, dritto presso il parapetto, con la faccia volta verso la sala del lavoro guardando in giù.)

(Un vocìo di persone affaccendate si leva dall’officina senza altri rumori. Si distinguono poche parole:)

– Il freno a destra.

– No! no!

– A posto!

– Lascia passare….

– La valvola numero 10. – Il freno a sinistra.

La voce di ANTONIO (chiamando:) Francesco Giacobelli, qui.

La voce di GIACOBELLI. Eccomi.

La voce di LAROSSA. Papà Michele, e voi ve ne state là sopra?

MICHELE. E dov’è che dovrei stare? Sono una sferra vecchia, io!

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