Romanzo del 1895.
Dall’incipit del libro:
IL VECCHIO MIRZA
Al nord della Persia, parallelamente alle sponde meridionali del Mar Caspio, ergesi una lunga catena di montagne, la quale, sotto i diversi nomi di Alburs, di Albours o di Elburs, prolungasi verso l’est, sino al Khorassan.
È un gigantesco accatastamento di altipiani che lievemente scendono verso il Caspio, ricchi di superbe foreste e di verdeggianti praterie, di picchi d’ogni forma e dimensione, taluni stranamente dentellati e coperti di fitti cespugli, altri arrotondati e sterili, ed altri ancora aguzzi tanto da rendere impossibile la salita; separati gli uni dagli altri da abissi che metton le vertigini, e nel cui fondo muggiscono impetuosi torrenti, da gole strette ove ben spesso si celano avidi predoni, da sentieruzzi accessibili ai soli montanari e da pochi buoni passaggi che chiamatisi le Porte Caspie.
Fra tutti quei picchi torreggia l’Alburs, che dà il nome all’intera catena, con larghi fianchi e colla cima che è una vetta aguzza, e che è annoverato come uno dei più formidabili vulcani dell’Asia, eruttante continuamente un fumo nero, talvolta anche delle colonne di fuoco e materie vulcaniche in sì grande quantità, che tutti i vicini altipiani ne sono sempre coperti.
Ma non è il solo. Un altro monte pure torreggia sotto il 35° 3′ di latitudine Nord e 48° 53′ di longitudine Est, fra le provincie di Masen-Deran e di Irak-Adjem, a sole dieci leghe, verso oriente, da Teheran, la capitale della Persia.
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