Racconto del XVII secolo in un’edizione del 1870 a cura di P. Fanfani.
Dall’incipit del libro:
AVVERTIMENTO.
Questa garbata novelletta, favoritami dal sig. Giulio Piccini che la trascrisse da un codice riccardiano segnato di N.° 2270, è scritta da Andrea Cavalcanti letterato fiorentino del secolo XVII, il quale fu Accademico della Crusca, e Arciconsolo di essa nel 1658, che era il quarantottesimo della sua vita. Scrisse molte cose, tutte piacevoli ed erudite, e fu ardentissimo raccoglitore di libri buoni e rari, venduti poi e dispersi da’ suoi eredi.
Questi brevi cenni gli ho tolti da un lavoro già preparato per la stampa dal ricordato sig. Piccini, né voglio distendermi troppo, lasciando a lui, che lo sa far tanto bene, il dare notizia distesa del nostro autore.
Tornando pertanto a questa novella dico che, per investigazioni fatte, non ho trovato che sia stata pubblicata mai; che essa è scritta, come tutte le cose del Cavalcanti, con gustosissimo sapore e garbo toscano; e che non iscomparisce tra le graziose che alla giornata vanno dandosi fuori.
P. FANFANI.
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