Terzo romanzo del ciclo dei “Corsari delle Antille” pubblicato nel 1905.
Dall’incipit del libro:
LA TAVERNA «EL TORO»
Quella sera la taverna «El Toro», contrariamente al solito, brulicava di persone, come se qualche importante avvenimento fosse avvenuto o fosse per succedere.
Quantunque non fosse una delle migliori di Maracaybo, frammiste a marinai, a facchini del porto, a meticci e ad indiani caribbi, si vedevano, cosa piuttosto insolita, persone appartenenti alla migliore società di quella ricca ed importante colonia spagnola: grossi piantatori, proprietari di raffinerie di zuccheri, armatori di navi, ufficiali della guarnigione e perfino qualche membro del governo.
La sala, piuttosto ampia, coi muri affumicati, dall’ampio camino, malamente illuminata da quelle incomode e fumose lampade usate sul finire del sedicesimo secolo, ne era piena. Nessuno però beveva ed i tavolini, addossati alle pareti, alla rinfusa, erano deserti. Invece la grande tavola centrale di vecchio noce, lunga più di dieci metri, era circondata da una quadrupla fila di personaggi, che parevano in preda ad una vivissima agitazione e che scommettevano con un furore, che avrebbe meravigliato anche un moderno americano degli Stati dell’Unione.
– Venti piastre per Zambo!
– Trenta per El Valiente!
– El Valiente si prenderà una tale speronata che cadrà al primo colpo!
– Sarà Zambo che cadrà!
– Venticinque piastre pel El Valiente, allora!
– Cinquanta per Zambo!
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