“L’ultima traccia” di Guido Gozzano

Raccolta contenente 17 racconti pubblicata nel 1919.

Dal primo racconto:

"L'ultima traccia" di Guido Gozzano.
“L’ultima traccia” di Guido Gozzano.

Melisenda.

La lettera dell’attrice concludeva: «È tempo che ci stringiamo finalmente la mano: io per dirvi grazie dei vostri versi, voi per dirmi grazie della mia interpretazione. Ho fatto del vostro poemetto una cosa «mia». Vi costringerò ad ammirarvi. E se mancate anche questa volta, non avrò più parole per la vostra irta selvatichezza e per la vostra nera ingratitudine».

Tito Vinadio s’alzò dalla sedia a sdraio, con un moto vivace, represso tosto da una fitta leggera che gli ricordò la sua infermità tormentosa; attraversò la veranda, claudicando, un poco, s’appoggiò alla ringhiera fiorita, gli occhi perduti dove il cielo e il mare fondevano il loro cobalto diverso. Mai gli parve così ingiusta la cieca crudeltà del destino. Tre mesi prima era caduto da cavallo, con conseguenze in apparenza non gravi; ma poi un malanno indefinito, che lasciava tutti i medici perplessi, gli si era sviluppato al ginocchio; e da tre mesi viveva su quella veranda, non curando il suo male che di sole e di riposo, riposo anche intellettuale, più penoso ancora al suo spirito d’artista tormentatissimo. I giorni uguali gli toglievano la nozione del tempo e dello spazio; doveva fare uno sforzo, talvolta, per convincersi d’esser sempre lui, per ricordarsi di non avere ancora trent’anni; e su quella casetta, protesa sul mare come la tolda di una nave, aveva l’impressione d’un viaggio senza meta, che non dovesse finire più mai. Il richiamo degli amici, le notizie più care gli giungevano come gli echi di un mondo lasciato per sempre. E anche la lettera schiettamente affettuosa di Cristina Alvari, la non bella, ma valentissima attrice che aveva scelto per intermezzo della sua serata un suo poemetto giocoso, non lusingava il suo amor proprio come avrebbe dovuto.

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