“Madri… per ridere” di Cesare Tronconi

Romanzo del 1877.

"Madri... per ridere" di Cesare Tronconi.
“Madri… per ridere” di Cesare Tronconi.

Dall’incipit del libro:

I.

Allora non si usavano ancora i treni-omnibus.

Quattro becchini o quattro conoscenti andavano bravamente sotto la bara e via se la portavano al cimitero.

Non di rado, i latori di voi – per modo di dire – di voi presente-passato, erano precisamente quegli amici o parenti che vi avevano rotto le scatole al punto da ridurvi fra quelle assi e dicevano di portarvi con piacere per consolarsi del dolore di avervi ammazzato.

Con ciò non si vuol fare alcuna maligna allusione a coloro che quella mattina portavano o accompagnavano un cataletto al più lontano dei carnaj suburbani. – Non osiamo scrivere: all’ultima dimora, dopoché la stoltezza umana, non contenta abbastanza i tormentare certuni quando sono vivi, non vuol lasciarli tranquilli neanche quando sono morti. Stoltezza tanto di buona fede, che piuttosto di non trasportare qualche osso, se non ne trova, supplisce con surrogati…. e, in un caso disperato, è certo che ne fabbricherebbe apposta!

Il dolore di quegli amici e parenti era proprio sincero. Al defunto avranno forse goduto più d’un pranzo, n’avranno sempre parlato bene il meno possibile, ne avranno corteggiato la moglie, avranno giocato dei tiri alla sua borsa – questo che cosa significa? – ma egli era stato tanto buono – tutti ora n’erano persuasi – e la di lui fine tanto miseranda e acerba – aveva venticinque anni! – che nessuno, per quanto apatista, poteva non sentire compassione. Alcune guance, specialmente di donne, erano rigate di lagrime…. ed erano lagrime sincere…. perché il morto non aveva dato ordine di pagarle…. e i superstiti meno ancora.

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