“Sperduti nel buio” di Roberto Bracco

Dramma in tre atti rappresentato per la prima volta al teatro Verdi di Trieste dalla compagnia Talli-Gramatica-Calabresi nel dicembre del 1901.

"Sperduti nel buio" di Roberto Bracco.
“Sperduti nel buio” di Roberto Bracco.

Da una scena del libro:

SCENA I.
FRANZ, NUNZIO, EMILIA, LUIGI CARDONE, DON LORENZINO, DON ACHILLE, IDA, ELVIRA, qualche altra donna, due MARINAI, un FORESTIERE, altri avventori.

È notte. Sono accesi tre o quattro becchi a gas, EMILIA è al comptoir. È vestita con pretensiosa civetteria volgare. Molto ben pettinata, porta un nastro rosso nei capelli. Le pende dalla vita una borsetta di cuoio come alle chellerine, di cui non ha il grembiule e da cui si distinguerebbe anche per la sua aria da padrona. NUNZIO è al pianoforte, seduto sopra un sediolino tondo che può girare su sé stesso. Intorno ai tavolini, figure di vario genere, di ceto piuttosto basso: qualche fisonomia losca, qualche sbarbatello, qualche ometto attempato.

Si notano due MARINAI, alcune donnine equivoche – tra cui IDA ed ELVIRA – imbellettate, vestite un po’ bizzarramente, con una cura che dissimula la povertà. Portano dei cappelli abbastanza fantastici e molto piumati. Presso il comptoir, in piedi, LUIGI CARDONE, un giovanotto inelegante ed effeminato, con baffetti arricciati, parlotta con EMILIA e sorseggia una bibita. FRANZ CARDILLO, un uomo sulla cinquantina, dai capelli fulvi, dal volto lentigginoso, non brutto, ma antipatico, col suo fez in testa, il quale rosseggia nell’ambiente grigio, va e viene con ostentato zelo: entra nel retrobottega, ne esce con le mani ingombre, gira di qua e di là e fa conversazione con gli avventori nel suo linguaggio goffamente spropositato e tronfio.

NUNZIO suona una polchetta. Il tocco incerto denunzia l’inesperienza o la svogliatezza. Nel poco spazio disponibile tra i tavolini, ballano, alla men peggio, due coppie. Una è formata da ELVIRA – che è la più graziosa delle donnine – e da un MARINAIO. L’altra è formata da due uomini: DON LORENZINO e DON ACHILLE. Il primo è smunto, magro, miserello, di età ambigua: un aspetto da scaccino; il secondo ha un’impronta di buona salute, una bella barba, un aspetto d’uomo serio che contrasta con la sua smania di ballerino. DON LORENZINO ha una vocetta fievole come se gli mancasse il respiro: e DON ACHILLE ha una voce quasi femminea che non pare esca da quel corpo abbastanza imponente.

Il ballo continua per un po’, sciatto e disordinato, al ritmo zoppicante della polchetta, nell’angustia dello spazio, mentre FRANZ stura delle bottiglie di gazosa o di birra e gli altri cianciano o guardano, sorbendo le loro bibite.

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