Raccolta di tredici racconti, tradotti da Vincenzo Errante, in una edizione del 1942.
Dal primo racconto:
LA FIABA DELLE MANI DI DIO
Poche mattine fa, incontrai la mia vicina di casa. Ci salutammo.
«Che autunno!», disse dopo un silenzio; e levò gli occhi a guardare il cielo. Io feci altrettanto.
La mattinata era, infatti, chiarissima: deliziosa, per essere già una mattinata d’autunno. Sorprese, repente, anche me.
«Che autunno!», replicai, agitando attorno le mani, come a tastare un po’ l’aria.
Assentì con un cenno del capo. La osservai per un attimo. Il suo vòlto sano e bonario si levava e si riabbassava, di un gesto grazioso. Era tutto pieno di luce. Solo intorno alle labbra e sulle tempie mettevano un po’ d’ombra alcune piccole rughe. Perché?
Domandai brusco:
«E le sue piccine?».
Le rughe minute scomparvero, per incanto, dal vòlto; ma vi tornarono sùbito, più scure.
«Stanno bene, grazie a Dio; ma….».
Si avviava. E anch’io presi a camminarle allora vicino: a sinistra, come di prammatica.
«Voi capite….», seguitò. «Sono ambedue ormai nell’età in cui i piccoli tempestano di domande tutto il santo giorno. Perché questo? Perché quello? , dalla mattina alla sera….».
«Già», mormorai. «V’è un’epoca della vita….»
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