Racconto lungo pubblicato nel 1878 sulla Nuova antologia di scienze, lettere ed arti, Serie 2 v. 12, pp. 259-299, 446-463, 665-691
Dall’incipit del libro:
Un vagabondo
I.
Il povero faservizi che presso la primaria locanda d’un paesetto, aspetta qualche comando, è tutt’altra pasta de’ facchini delle città grandi o de’ porti di mare, così ammaestrati all’indiscrezione. L’altro invece, dal suo aspetto cencioso e dalla noncuranza di tutti, riconosce di valer poco, e non apre bocca, sia pure che gli sembri scarsa mercede ciò che gli danno, non potendo, a ogni modo, recalcitrare a una usanza universale e più antica del primo topo. Quanto a’ suoi cenci non ardirei dirli vili, vedendogli addosso, come in trofeo, le grasse spoglie delle più alte persone del paese. Il sindaco, l’arciprete e il corpulento dottore lo rivestirono tutto, di sana pianta. Infatti quel cappello tutto frittelle e boccacce cuoprì al primo l’onor della fronte, e il terzo strusciò ben bene, da diritto e da rovescio, quel bel soprabito che gli spiove sbrindellato giù dalle spalle; e anche quella scarpetta, che oggi ride mostrando il dito grosso, fu maritata un tempo a una pregevole calza nera. Se qualcuno, tra tanti, lo paga men grettamente, gli altri temono ch’ei non s’avvezzi male. Ed egli lo loda, e comincia da quel giorno ad affacciare delle pretese, e va a finire che perde anche le grasse spoglie. La regola è di tenersi alla tariffa comune, in tutte le cose.
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