“Balbina” di Domenico Gnoli

Racconto pubblicato nel 1870 sulla Nuova antologia di lettere, scienze ed arti, Serie 1 v. 15 p. 132-144.

"Balbina" di Domenico Gnoli.
“Balbina” di Domenico Gnoli.

Dall’incipit del libro:

Presso un villaggio sparso sopra una costa tutta coperta di viti nell’antico paese de’ Volsci, eravamo nel pieno autunno adunati a un desinare campestre sotto d’un pergolato forse quindici o venti persone, tutti, eccetto che io, nativi di quelle montagne.

A me pareva esser caduto in un’altra età, in un altro mondo: e curiosamente osservava le loro foggie artistiche e non obbedienti a capricci di moda, i vivaci colori de’ panni; e le linee severe delle teste, assai più che le nostre, simili a quelle che stanno dure ed immobili su sepolcri della via Appia.

Tanti secoli quanti hanno trasformato noi cittadini, appena in quelle contrade hanno portato qualche leggero mutamento; tantochè se riuscisser fuori que’ loro avi, che agli eserciti di Roma serravano i varchi delle loro montagne, credo riconoscerebbero agevolmente i nepoti, tenderebbero, come pratici, la mano agli arnesi della casa e della campagna, e forse parlando non durerebbero troppa fatica ad intendere nè ad essere intesi.

Levate le tavole, io, che, per aver bevuto un poco più del solito, mi sentiva insofferente dello stare, salutai la brigata e solo entrai per una straduzza che dovea condurmi alla boscosa montagna che guardava le spalle al villaggio. Oh benedetta la vite, mantello di festa delle nostre colline!

Benedetto Noè quando gli cadde in pensiero di pigiar grappoli a trarne vino! Questo m’aveva, come a dire, accordato l’anima, e dato alle corde una siffatta sensibilità che ogni po’ di vento bastava a trarne armonia. Su pel bosco m’arrampicava leggero e gioioso come un fanciullo, dove fosse un po’ d’aperto rivolgendomi indietro a guardare; ma non contento alla vista, m’aggrappavo di nuovo alle piante e su e su per l’erta.

Venni infine ad un ripiano su certi sassi nudi donde l’occhio spaziava largamente per l’acceso orizzonte. Oh stupido Wagner che non sentivi l’istinto del volo! Certe nuvolette leggere e del color delle rose parevano, come farfalle intorno al lume, trastullarsi agli ultimi raggi del sole; e librato per l’aria, avrei voluto tuffarmivi dentro, cullarmi, ondoleggiare per quell’amore di luce. Benedetto Noè!

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