“Degenere” di Orazio Grandi

Racconto pubblicato nel 1905 sulla Nuova antologia di scienze, lettere ed arti, Serie 4 v. 118, pp. 29-44

"Degenere" di Orazio Grandi.
“Degenere” di Orazio Grandi.

Dall’incipit del libro:

DEGENERE

I.

Clara entrò nella grande camera, con le prime rose, che la mano paterna avea coltivate, e che ora, stanca ed esangue, le accolse insiem con la mano che le recava. L’occhio, approfondito dalle angoscie, ebbe una duplice carezza per la figliuola e per i fiori: poi ricadde senza luce nella fissità triste e mortale.

La contessa Maria, vigile ed insonne a quel letto di tribolazione, sospirò. Clara porse anche a lei la fronte pel bacio mattutino.

Nella camera grave e severa, traverso ai paesaggi delle tele abbassate giuocava il sole: lambiva i mobili alti, e dalle cimase di palissandro si prolungava sul tappeto, fino ai piedi della fanciulla, ritta e insolitamente agitata, al fianco di sua madre.

Da che era giunta a Valdoro l’accusa sinistra di un’onta, che avea indelebilmente macchiata la fronte di Lavinio, e poi che il figlio sconsigliato portava e ribadiva il marchio, con malintesa alterigia, un’ombra come di lutto s’era anche stesa e aggravata sulla nobile casa, e la salute del conte Filippo era a quel modo precipitata.

Ma quella mattina, Clara non avea recato solamente i fiori. Anche recava nell’anima l’impressione profonda, la commozione ineffabile di una sorpresa, per cui essa era tutta vibrante di tenerezza e di sgomento insieme.

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