“I racconti della quiete” di Egisto Roggero

"I racconti della quiete" di Egisto Roggero.
“I racconti della quiete” di Egisto Roggero.

Raccolta di otto racconti, pubblicata nel 1896.

  • Agata
  • Delfina
  • Il passato
  • Povero sior Tonino!
  • Il Paradiso di maestro Piero
  • Il dolce inganno
  • Lo Stagno delle ninfèe
  • Una visita

Dall’incipit del libro:

Agata.

Io ripenso alla mia prima giovinezza severa e malinconica, trascorsa presso mio zio Sergio, nella nostra villa di Santa Galatea, la vecchia villa piena di memorie che vide nascere mia madre. Povera madre! Troppo presto ella è morta, per la mia giovinezza fantastica. Quando il turbine della vita ha gelato il mio cuore e la tristezza ha abbattuto la mia fronte, ho sognato le bianche mani di mia madre ed ho anelato, con un brivido di passione e di sconforto, d’averle sul capo, le bianche mani benedette; sul capo, nell’amoroso atto alleviatore….

Fui condotto a Villa Galatea dodicenne, alla morte appunto di mia madre, morte tragica e improvvisa, che empiè il mio cuore giovanetto di terrore e di tenebre. Era una giornata di marzo, una irosa giornata di vento e di tempesta: la pioggia diaccia sferzava i vetri della carrozza che mi portava, smarrito e tremante, lontano dalla casa ove mia madre, cerea ne’ fiori e nella candida ultima vesta, più non rispondeva a’ miei richiami dolorosi…. Ed io, nella triste carrozza sbattuta dal vento e dalla pioggia, chiudeva gli occhi per non vedere, per non sentire più nulla. Quando la carrozza si fermò dinanzi al cancello della Villa e la grande massa della porta m’apparve nel tragico grigiore del crepuscolo, sopra il tenebroso sfondo de’ grandissimi alberi del parco, n’ebbi come un secreto terrore.

In alto, sopra il colossale arco di pietra, la vecchia statua corrosa di Santa Galatea, la protettrice della Villa, dalla fronte volta al Cielo, metteva nel mio cuore fanciullo la soggezione di un convento o di una chiesa. Il cielo, sopra, aveva larghi squarci sinistri e il vento s’inabissava nel viale deserto con un sordo fremito che scoteva i morti avanzi di quelli alberi, che davan l’imagine d’immani scheletri nell’ombra.

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