“Il valzer del guanto” di Luciano Zuccoli

Racconto pubblicato nel 1912 sulla Nuova antologia di lettere, scienze ed arti, Serie 5 v. 159 p. 22-50.

"Il valzer del guanto" di Luciano Zuccoli.
“Il valzer del guanto” di Luciano Zuccoli.

Dall’incipit del libro:

IL VALZER DEL GUANTO
NOVELLA

I.

Tra il frastuono della musica e il gridio delle maschere multicolori che si pigiavano sotto l’atrio e si aizzavano in platea, Marina Giglioli volse il capo ad Orazio e gli disse:

– Andiamo a veder fuori? Vuole darmi il braccio?

Orazio Salvaneschi stava in piedi, appoggiato al parapetto del palco, e seguiva con gli occhi i lazzi di due pierrò bianchi: i quali, piombati nel bel mezzo della platea, ballavano furiosamente, dimenando gambe e braccia, col corpo all’indietro, il cappello sulla nuca, il naso di cartone all’aria e facevano, roteando, un gran vuoto nella folla tutt’intorno.

– Andiamo! – rispose Orazio. – Si metta la maschera.

– No: perchè? La tengo in mano, – disse Marina sorridendo.

E Orazio non replicò. Poco gli importava veramente che la signora mettesse o non mettesse la moretta al viso; egli aveva il cuore e la mente altrove.

Marina era moglie di Federico Giglioli, compagno di studi e amico di Orazio. Bella, fragile, delicata, in abito di seta carnicina, nude le spalle e la sommità del petto, con la capigliatura morbida e ricca serrata in un agile diadema di brillanti, quella notte Marina evocava l’imagine d’una fanciulla ingenua. Ingenua e un poco intontita tra la dirotta di luci artificiali, di rumori, di colori, di profumi, che venivan dai palchi, esalavan dai fiori, si mescevano all’odore acre dello sciampagna traboccato dalle coppe, versato dall’alto in platea, a tradimento contro i dominò, che procedevano gravi e chiusi, ignorando d’aver la schiena bagnata.

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